YOUngCaritas Verona: tra servizio, fede e fraternità
Caritas Italiana sta celebrando sui propri canali il grande lavoro che Caritas Verona sta svolgendo in questo periodo con i giovani: giovani protagonisti nelle attività organizzate dalla Caritas diocesana, giovani che ci lavorano, giovani che hanno iniziato proprio in questi giorni il percorso del servizio civile. Giovani che hanno deciso di vivere con fede e fraternità un pezzetto della loro vita insieme ai poveri della società, in cui vedere il volto di Gesù.
Questo il link del sito Caritas (https://www.italiacaritas.it/blog/2025/06/09/allarena-di-verona-con-jova/), ma riportiamo qui sotto anche l’articolo completo, scritto da Anna Buono, una delle ragazze che sta vivendo questi mesi di servizio e fede in Caritas Verona.
All’Arena di Verona con Jova
di Anna Buono
È possibile che la bellezza possa farsi spazio nella vita in modo non calcolato, inaspettato? È possibile trovare persone, che scopri poi essere diventati amici e fratelli, con cui condividere la fede e il desiderio di mettersi in gioco nel servizio? Per tanti di noi negli ultimi mesi tutto questo è diventato realtà nel gruppo YOUngCaritas Verona.
La scintilla c’è stata alla fine di un viaggio di Servizio in Georgia organizzato da Caritas e Pastorale Giovanile di Verona, con la necessità di rispondere a una domanda che si era piantata nel cuore: “Ma ora, a casa, cosa possiamo fare?”.
Da quel momento è iniziato un percorso che ha contagiato tanti. Lo stile che ci accomuna è quello di unire la dimensione del servizio con quella della fraternità e della fede in modo molto concreto: ognuno sceglie una realtà di Caritas Verona in cui mettersi in gioco – con molta libertà, anche solo una volta al mese, con più di 40 giovani che hanno già iniziato – e chi lo desidera può partecipare a degli incontri di fraternità, anch’essi mensili, in cui condividere il senso profondo del nostro agire, in un laboratorio di fede e di pensiero.
Ci siamo accorti infatti che queste due dimensioni – servizio e fede/fraternità – sono come due polmoni: si può vivere anche solo con un polmone (quello del servizio, fondamentale), ma si respira molto meglio se si usano entrambi! La sfida diventa poi quella di cercare di intravedere, come dei detectives, il volto di Cristo nel volto dell’Altro, per vivere fino in fondo quel «L’avete fatto a me».
Gli incontri di fraternità ci aiutano a condividere il bene che il servizio genera nelle nostre vite e, allo stesso tempo, per pregare insieme e per confrontarci sulle domande che questo suscita in noi: cosa siamo chiamati a fare noi giovani? Per chi lo faccio? Il Signore come sta davanti a tutta questa povertà? Come posso io essere strumento d’amore per il prossimo?
Si tratta poi di uno spazio in cui noi giovani siamo protagonisti: nella programmazione delle attività, in cui partiamo da ciò che ci sta a cuore e che vorremmo approfondire (ad esempio, in vista del Referendum, abbiamo organizzato un incontro informativo sui quesiti), ma anche in iniziative che riguardano tutti i giovani della Diocesi e in generale della città di Verona.
La nomina di don Matteo Malosto – già direttore della Pastorale Giovanile – a direttore anche di Caritas Verona è stata un impulso fondamentale dato dal nostro vescovo Domenico: ci è sembrato naturale cercare di unire i due mondi, per avvicinare i giovani a Caritas e Caritas ai giovani; YOUngCaritas, già presente a Verona grazie all’intuizione di un’operatrice, Stefania Croce, è sembrata la casa ideale per il nostro protagonismo.
Il dono più recente? La possibilità di vivere un grande evento di solidarietà in Arena, con Jovanotti, che in una pausa dei suoi concerti si è messo a disposizione con altri grandi artisti per una serata incredibile. Noi giovani di YOUngCaritas siamo stati protagonisti dell’evento in diversi modi, anche nella sua ideazione; la cosa più bella, dove abbiamo intuito che ne era valsa veramente la pena, vedere Sara e Lucia salire sul palco con Paolo Ruffini per dar voce alla sofferenza del popolo del Sudan in guerra, gridando il nostro desiderio di Pace. Ci commuove poi aver portato con noi al concerto tante persone che abbiamo imparato a conoscere nei nostri servizi,
quasi 200 tra senza dimora, richiedenti asilo e famiglie,
in una festa che ha abbattuto tanti muri e pregiudizi.
La prossima sfida? Riunire il 4 ottobre nel Palazzo della Gran Guardia giovani che tra loro non si incontrerebbero più di tanto – di ogni religione, appartenenza politica, provenienza, orientamento sessuale ecc. – per parlare di pace, con la convinzione che incontrarsi e parlare sia il primo passo per costruirla.
Credo profondamente che l’intuizione di questo gruppo e del modo di unire il servizio e la fraternità possa essere una ricchezza per la Chiesa e una luce di speranza:
vedere tanti giovani che hanno nel cuore il desiderio di vivere in pienezza la propria vita
e che si prendono a cuore anche quella degli altri – tanto da dirsi che il senso è che tutte le persone che incontrano possano sapersi amate – è commovente.
In uno dei primi incontri, infatti, ci siamo chiesti che cos’è che ci muove e la risposta l’abbiamo trovata in questo: «Perché tutti si sappiano amati». Per me poi è di una bellezza incredibile vedere come tutto questo si trasformi in salvezza per la mia vita: nel provare ad amare qualcun altro, che è considerato un “povero”, mi riscopro io stessa povera, ma allo stesso tempo vedo concretamente quanto il Signore mi ami e si prenda cura di questa mia povertà.
E questo sapermi amata anche dove più mi credo non amabile, nelle pieghe della mia vita che vorrei solo stirare perché non si vedano, mi fa dire: “Vorrei che tutti sapessero che c’è Qualcuno che ci ama così! È troppo bello perché non si sappia in giro!”.
Anche poche ore di servizio diventano allora un’occasione concreta per provare ad amare dello stesso amore con cui siamo stati amati.