Caritas e Giornata Mondiale del Rifugiato
“Secondo il rapporto annuale Global Trends dell’UNHCR alla fine di aprile 2025 c’erano 122,1 milioni di persone costrette a fuggire dalle loro case, rispetto ai 120 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso, il che rappresenta un decennio di aumenti annuali del numero di rifugiati e di altre persone in fuga. I principali fattori che determinano la fuga rimangono i grandi conflitti come quello in Sudan, Myanmar e Ucraina e la continua incapacità della politica di fermare i combattimenti. Quali saranno le tendenze nei mesi rimanenti del 2025, dipenderà molto dalla possibilità di raggiungere la pace, dal miglioramento delle condizioni di ritorno a casa, e dall’impatto dei tagli attuali ai finanziamenti sulle situazioni di rifugiati e sfollati in tutto il mondo”. — UNHCR
Spunti attorno alla Giornata del rifugiato del 20 giugno
- Migramed
- I dati UNHCR
- Caritas Internationalis (SIR)
- La pagina web di Caritas Internationalis (inglese)
- La pagina web di Caritas Europa (inglese)
- Il comunicato di Caritas Europa (inglese)
- Corridoi umanitari. Proposta per il Giubileo
- Corridoi umanitari. Il libro “L’altra strada”
- Da Facebook Caritas Italiana
- Le news di Caritas Italiana
- L’articolo di Giacomo Gambassi (Avvenire)



La storia di un rifugiato accolto da Caritas

Mi chiamo Jawara, ho 29 anni. Sono nato in Senegal in una famiglia di pescatori, ma io volevo fare il sarto. A 14 anni ho iniziato a lavorare in una sartoria nel mio villaggio e a 17 anni avevo già una mia piccola attività. Il mio sogno era diventare uno stilista. Però eravamo in una realtà troppo povera per farcela e ho deciso di emigrare in Gambia, dove purtroppo ho trovato la guerra civile. Non sapevo che c’era una situazione simile, con la dittatura, e ho rischiato più volte la vita. Così un giorno sono salito su un camion e siamo partiti. Ho vissuto un viaggio incredibile, attraversando il deserto, caldissimo di giorno, freddissimo la notte. Un signore vicino a me durante il viaggio ha perso l’equilibrio e sarebbe caduto dal camion: l’ho tenuto con la forza delle braccia e per alcuni chilometri l’ho sollevato. Posso dire di avergli salvato la vita. Ho attraversato vari paesi dell’Africa, fino a fermarmi in Libia. Anche qui la situazione politica era instabile. Ho visto amici e colleghi catturati, torturati e uccisi. Ho vissuto nascosto qualche mese in Libia e per mantenermi facevo l’unica cosa che mi riusciva bene: il sarto. Un giorno è arrivata una proposta: attraversare il mare per venire in Italia. L’Italia era il sogno da bambino, perché è il Paese della moda. Era un gommone con 140 persone. La Libia era troppo pericolosa e allora decidemmo di partire. Il Mediterraneo, Lampedusa, poi Agrigento, Brescia, Milano, la strada per qualche anno nonostante i documenti da rifugiato in regola, fino ad arrivare a Verona. Oggi sono accolto in una struttura di Caritas, a cui sono eternamente grato, perché oltre a darmi da vivere, mi ha permesso di trovare anche un lavoro come sarto. Il sogno di una vita. Se tornassi indietro rifarei lo stesso viaggio? Mai! Ho visto troppe volte la morte da vicino. Cosa vedo nel mio futuro? Imparare bene a fare il sarto, magari un giorno diventerò anche uno stilista. E poi tornerò in Senegal per insegnare ai ragazzi di casa mia questo lavoro, perché non siano costretti a partire e rischiare la vita, e per far crescere il mio Paese.