Progetto Esodo: per un reinserimento sociale, abitativo e lavorativo dei detenuti

C’è un mondo che si muove dentro e fuori dal carcere per aiutare le persone che hanno problemi giudiziari. Il progetto che porta avanti da tanti anni la Chiesa di Verona si chiama Esodo, è seguito direttamente da Caritas diocesana in rete con molti altri enti, cittadini e regionali, e punta fortemente sul reinserimento, soprattutto abitativo e lavorativo, di persone che stanno scontando una pena. Ma Esodo non è solo questo. Progetto Esodo nasce nel 2011 e fin da subito Caritas ci ha investito moltissimo, in collaborazione con altre Caritas a livello regionale, in particolare agli albori con Vicenza e Belluno, e negli anni si è strutturato fino alla creazione di una Fondazione. Il senso del progetto è accompagnare e affiancare le persone con problemi legati alla giustizia in un percorso di reinserimento. Per fare ciò, ovviamente Caritas non si muove da sola: proprio come è il suo stile, cerca il coinvolgimento del territorio, delle altre realtà all’interno della comunità, collaborando anche con altre cooperative. Ad esempio oggi il progetto Esodo vede su Verona coinvolti altri dieci enti, oltre a Caritas, che lavorano su diversi aspetti: alcuni di loro svolgono interventi all’interno del carcere, quindi promuovendo all’interno della casa circondariale di Montorio attività di formazione e di lavoro, altri, invece lavorano più sull’esterno, fornendo sia una parte di residenzialità, perché spesso le persone che escono dal carcere in semilibertà non hanno un posto dove andare a abitare consentito dalla legge, e poi c’è una parte legata alla formazione e al lavoro. Infine, c’è tutto un terzo filone legato alla promozione e alla creazione di reti sociali positive.

Gli obiettivi di Esodo

Il primo obiettivo è quello di favorire percorsi di inclusione, fornendo una casa dove stare e percorsi lavorativi o professionalizzanti adeguati. Il secondo è quello di far coltivare alla persona una consapevolezza nuova rispetto a quello che lei stessa è: cioè una persona non è il reato che ha commesso, ma deve capire che ha commesso un errore, che sta pagando e scontando una pena, ma che sta anche cercando una nuova vita. Il terzo, non meno importante, è anche quello di sensibilizzare le comunità rispetto al tema del carcere, un po’ come diceva anche papa Francesco, cioè di uscire dai pregiudizi, incontrare queste persone e vederle in quanto tali, uscendo dallo stigma che spesso accompagna i detenuti. Il tutto in un’ottica di rivedere la pena come rieducativa e non solamente punitiva.

Tutti i progetti che Esodo porta avanti hanno un alto valore di reinserimento.

La Giustizia riparativa

Per Fondazione Esodo, ma anche per i suoi partner e per Caritas italiana, la giustizia riparativa è fondamentale. In tutti questi anni, le Caritas si sono chieste quale sia il paradigma migliore per chi sconta una pena. Oggi in Italia, va per la maggiore la giustizia retributiva: l’autore di reato deve pagare per il male commesso. Invece, nella giustizia riparativa, oltre al reo, si tiene anche conto della vittima e della comunità intorno che indirettamente ha vissuto il reato. Il paradigma riparativo mette insieme questi tre aspetti, cercando di riparare ferite, spesso molto faticose, aiutando il condannato ad un’uscita dalla pena senza che rimanga il macigno dentro, ma anche la vittima, i suoi familiari e la società a rispondere a certe domande. Nella Riforma Cartabia è stato portato avanti proprio questo tema della giustizia riparativa, come opzione che può scegliere una persona che sconta una pena nel suo percorso. A Verona c’è un tavolo con molti enti coinvolti che ha come obiettivo principale quello di sensibilizzare la città, le istituzioni, le organizzazioni, le scuole su questo tema, anche perché nell’ambito minorile ci si lavora da tanti anni.

Una seconda possibilità va data a tutti!